Intifada studentesca a Macerata: nuova occupazione e contestazione al rettore UniMc
Una mobilitazione permanente, quella delle studentesse e degli studenti dell’Università di Macerata: lunedì 13 maggio è stato interrotto un convegno internazionale dove era prevista la presenza dell’ateneo israeliano Bar-Ilan, e per il mercoledì seguente è stata lanciata dal Collettivo Depangher una giornata di iniziative nella ricorrenza dell’anniversario della Nakba. Dopo essersi sempre sottratto al confronto, questa volta il rettore John Mc Court ha accettato l’invito della comunità studentesca in lotta per la Palestina, tentando di giustificare la scelta di proseguire la collaborazione nel progetto europeo Trust che coinvolge l’Ono Academic College e l’azienda privata Edna Pasher di Tel Aviv. Un momento di imbarazzo e inadeguatezza istituzionale davanti alla determinata contestazione di studentesse e studenti che hanno deciso collettivamente per l’occupazione della facoltà di Filosofia: un’occupazione dell’intero palazzo di via Garibaldi, presidiato notte e giorno dagli occupanti e animato da incontri ed appuntamenti pubblici che hanno visto grande partecipazione, uno spazio accademico tornato ad essere attraversato dalla città, anche fino a notte fonda. Dopo tre giorni l’occupazione è terminata con la già programmata presentazione del libro ‘Il magazzino’ di Alessandro Delfanti, lo stato di agitazione studentesco invece rimane permanente. Pubblichiamo il comunicato del Collettivo Depangher.
– Comunicato dall’università occupata di Macerata
Edward Said parlando dei vani tentativi di pacificazione tra Israele e Palestina indicava come uno dei maggiori problemi fosse la disparità tra i 2 interlocutori: “La pace va fatta tra uguali, ed è proprio questo che [in Palestina] non funziona”. Il rettore Mc Court, il quale ha dichiarato di conoscere bene l’autore palestinese, si è venuto ad interfacciare con noi studentesse e studenti facendo pesare in ogni suo gesto ed in ogni sua parola il ruolo che esso ricopre.
La dirigenza UniMc si è venuta a confrontare con noi student@ nascondendosi dietro tecnicismi, contraddicendosi a pochi secondi di distanza, ha scelto di evitare le proprie responsabilità politiche per far pesare la relazione tra “ineguali” che caratterizza sempre più la vita accademica della nostra università: chi indossa la pelliccia di ermellino si trova troppo in alto per accettare delle richieste portate avanti da noi studentesse e studenti.
Quindi cara UniMc se queste sono le condizioni del confronto la pace non è neanche ipotizzabile, se le relazioni con facoltà israeliane che sostengono attivamente il genocidio nei confronti del popolo palestinese persistono noi continueremo a gridare che vanno bloccate in ogni modo.Non vogliamo teatralizzare il dolore del popolo palestinese ed elencare nuovamente le atrocità che Israele sta portando avanti lungo la Striscia di Gaza ma la scelta di non schierarsi neanche di fronte ad uno dei maggiori disastri umanitari della storia recente meriterebbe un posto ad honorem nell’Antiferno dantesco dedicato all’ignavia.
Dalla facoltà di filosofia occupata rivendichiamo una mobilitazione a fianco della resistenza palestinese in continuo crescendo dentro la nostra università, un grido di rabbia che si unisce ad un movimento studentesco globale che non si può più ignorare. Rivendichiamo il nostro legame non solo con la popolazione studentesca di Macerata ma con la città tutta, l’università dovrebbe essere per suo principio un luogo aperto alla cittadinanza e a maggior ragione in una piccola realtà di provincia come quella in cui viviamo. Se il rettore si spaventa nel vedere non studenti all’interno delle facoltà noi gioiamo nel poterci confrontare con parti di città che usualmente non vivono le sempre più vuote facoltà targate UniMc.
Nelle aule di Filosofia dormono studentesse e studenti mentre al primo piano si alternano incontri e mostre, all’interno del cortile suonano gruppi mentre sopra le nostre teste viene proiettata un’immensa bandiera palestinese. In questi 3 giorni siamo stati protagonisti e partecipi di un’università viva, un’università che possiamo definire tale perché partendo da chi la vive quotidianamente è stata capace di autodeterminarsi prendendosi gli spazi sociali e politici che gli vengono quotidianamente negati.
Dalla profonda provincia marchigiana continuiamo a lottare a fianco del popolo palestinese e per un totale boicottaggio del sistema accademico israeliano.
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