AmbienteIn evidenza

Impianto rifiuti Edison a Jesi: 10 motivi per dire no

Comunicato stampa dello Sca Tnt con il fac-simile scaricabile per presentare le osservazioni

Comunicato stampa del 27 luglio 2024

Impianto rifiuti Edison a Jesi: 10 motivi per dire no, dalle emissioni in atmosfera all’effetto cumulo passando per i rischi di incidente e le modalità di trattamento dell’amianto.

Tonnellate di emissioni previste in aria, traffico di 16.000 camion/anno, oltre 300.000 tonnellate di rifiuti da gestire ogni anno provenienti da concerie, raffinerie ecc. Il tutto in un territorio con acqua, aria e suolo già fortemente compromessi secondo i dati ufficiali.

Lo Spazio Comune Autogestito TNT mette a disposizione di cittadini e associazioni un fac-simile per le osservazioni alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.

Per scaricare il fac-simile da inviare cliccare qui

Sono almeno 10 i motivi per dire un secco “no” all’enorme impianto di trattamento dei rifiuti proposto da Edison Next Recology a Jesi: la Val Esino ha già oggi enormi criticità ambientali e parametri fuori norma e non si possono aggiungere nuove emissioni in aria e acqua come quelle previste ed ammesse per l’impianto che dovrebbe gestire oltre 300.000 tonnellate di rifiuti ogni anno, tra cui quelli pericolosi, sia solidi che liquidi.

Lo Spazio Comune Autogestito TNT dopo aver organizzato un’affollata assemblea pubblica [qui si può riascoltare l’audio dell’incontro] in cui sono stati spiegati, elaborati alla mano, i contenuti del progetto ed evidenziate le criticità sulla base dei dati ufficiali, ha elaborato un fac-simile sintetico di osservazioni alla proposta che chiunque può depositare agli enti competenti per partecipare alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, come consente la legge.

Tutti, enti, associazioni e appunto semplici cittadini entro il 2 agosto possono infatti liberamente depositare osservazioni; purtroppo ci sono solo 30 giorni dal deposito del progetto un tempo estremamente breve per esaminare decine e decine di elaborati tecnici.

Questi i principali punti critici finora rilevati:

1) Area ad elevato rischio di crisi ambientale

Questo territorio è classificato così dalla Regione Marche fin dal 2000, in considerazione delle molteplici criticità ambientali accertate già in quel periodo. Negli elaborati progettuali, pur ammettendo tuttora la persistenza di tali condizioni, ci si limita a sostenere che non vi sarebbero divieti per nuovi insediamenti in quanto il Piano di risanamento previsto dalla Legge regionale del 2004 e approvato nel 2005 sarebbe scaduto (avendo validità di 10 anni). Tale approccio è puramente formalistico rispetto al Piano ma la V.I.A. si occupa di valutare la sostenibilità di un intervento rispetto alle condizioni ambientali reali che sono tuttora fuori controllo e anzi in ulteriore peggioramento. Tra l’altro la legge regionale 6/2004 sulle aree AERCA è ancora vigente ponendo chiari obiettivi e obblighi di risanamento. Si pone dunque un problema inequivocabile e insormontabile di effetto cumulo. Non basta dire “rispetteremo i limiti di emissione”: la questione è che la sommatoria di tutte le attività che già insistono su questo territorio ha già creato condizioni tangibili e misurate di non conformità con gli obiettivi comunitari per tutte le matrici: acqua (sia superficiale che sotterranea), aria e suolo.

2) Inquinamento dell’aria

A mero titolo di esempio, i dati della centralina di monitoraggio della Valle dell’Esino evidenziano una media annuale delle polveri PM2,5 pari a 16 microgrammi/mc, un valore che è oltre 3 volte la soglia suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in quanto queste sostanze causano migliaia di morti ogni anno solo in Italia determinando anche pesanti costi sociali per la collettività (basti pensare alle spese sanitarie evitabili). L’impianto prevede l’emissione attraverso i camini denominati E1 (con portata di 80.000 mc/ora) e E2 (con portata di 10.000 mc/ora) di alcune tonnellate/anno di polveri secondo quanto indicato e ammesso negli elaborati progettuali, oltre a diversi altri inquinanti (ossidi di azoto; composti organici volatili, amianto ecc.) Basterebbe questo fatto per rendere il progetto del tutto incompatibile con una situazione già compromessa, come, d’altro lato, già evidenziava il Piano Aria della Regione Marche fermo al 2006 (!) che ne imponeva il risanamento.

3) Stato di compromissione dell’acqua

Secondo l’ARPAM sia le acque del corpo idrico sotterraneo della Valle dell’Esino sia le acque superficiali del fiume Esino non rispettano gli obiettivi di qualità fissati dalla UE (peraltro dal 2000 e da raggiungere entro il 2015…). Pertanto non si capisce come si possano aggiungere ulteriori fonti di pressione visto che l’impianto proposto dovrebbe scaricare fino a 50 mc/ora in fognatura su matrici già pesantemente compromesse. Addirittura lo stesso sito prescelto per posizionare l’impianto vede una contaminazione preesistente delle acque sotterranee da tetracloroetilene – un cancerogeno accertato per l’uomo – richiedendo quindi l’attivazione della procedura di bonifica.

4) Stato di contaminazione del suolo nel territorio

Secondo l’anagrafe 2024 della Regione Marche solo a Jesi vi sono 43 siti in procedura di bonifica, a testimonianza dell’esistenza di fonti di pressione insostenibili per questo territorio. Pertanto anche per la matrice suolo esiste in generale una grave compromissione a scala vasta e per molti di questi siti è di là da venire la risoluzione di queste problematiche. Se allarghiamo lo sguardo all’intera area AERCA, il numero di siti è ancora maggiore ed è in aumento rispetto alla data di supposta scadenza del Piano AERCA (come abbiamo visto il 2015) che quindi non ha risolto alcunché. Anzi, basterà ricordare che addirittura viene contestato in un procedimento penale il reato di disastro ambientale per uno degli impianti ivi insistenti peraltro nella generale disattenzione o peggio degli enti competenti, per comprendere come la gravità della situazione imponga agli enti scelte consequenziali.

5) Particolato secondario

Lo Studio di impatto presentato da Edison omette di valutare adeguatamente la formazione di particolato secondario (cioè quello derivante dall’interazione tra emissioni e sostanze già presenti nell’aria), nonostante questo rappresenti una quota consistente dell’inquinamento dell’aria.

6) Processi di trattamento dell’amianto e degli altri contaminanti nei rifiuti

Per quanto riguarda l’amianto, viene proposto il trattamento con idrossido di sodio e altre sostanze a temperatura ambiente. Ebbene, nella letteratura scientifica a tale metodo (peraltro di solito attuato a temperature di circa 100 gradi che per l’impianto Edison non vengono citate) vengono associate potenziali criticità in relazione alla sua efficacia in sistemi di trattamento a scala industriale. Invece per gli altri contaminanti in ingresso con i rifiuti, si propongono in maniera generica forme di trattamento chimico/fisiche/calore senza però richiamare in maniera dettagliata, e per ogni sostanza da trattare (o almeno per gruppi di sostanze omogenee), i riferimenti scientifici sull’efficacia di tali trattamenti nonché le potenziali reazioni avverse che potrebbero verificarsi.

7) Limite di 1.000 tonnellate/giorno di rifiuti in ingresso

L’azienda richiede l’autorizzazione per trattare circa 2.000 ton/giorno di rifiuti ma poi in maniera unilaterale sostiene di volersi auto-limitare a 1.000 ton/giorno. Tale affermazione da un punto di vista amministrativo non ha alcun valore, visto che gli enti sono chiamati a valutare un’autorizzazione per il doppio delle quantità e gli impatti devono essere esplicitati per tale soglia di capacità. Tra l’altro essendo una scelta unilaterale, una volta ottenuta l’autorizzazione non vi sarebbe alcun strumento amministrativo per sostenere che Edison sia vincolata a tale scelta di carattere privato (e che il privato può ovviamente rivedere secondo proprie esclusive valutazioni).

8) Piano di monitoraggio ambientale

Per la linea di trattamento amianto Edison chiede l’autorizzazione al rilascio in atmosfera di un flusso di emissioni pari a 10.000 mc/ora, per 250 giorni e 16 ore al giorno, con una concentrazione massima di 2 fibre di amianto per ogni millilitro. Stranamente nel Piano di Monitoraggio tra le sostanze da ricercare nell’aria non compare l’amianto, tenendo conto che oltre a quanto emesso dal camino E2 potrebbero senz’altro esservi fonti secondarie anche involontarie (incidenti; malfunzionamenti; comportamenti inadeguati; big bags difettosi ecc.) che potrebbero comportare ulteriori dispersioni che ovviamente dovrebbero essere monitorate, anche in considerazione del fatto che le fibre persistono nell’ambiente, possono accumularsi e infine essere rimesse in circolo (ad esempio a causa del traffico) esponendo i cittadini nelle aree circostanti l’impianto a una sostanza estremamente pericolosa.

9) Aumento del traffico veicolare – aria e rischio incidentale

Il proponente ammette il peggioramento del traffico veicolare con, solo considerando i veicoli pesanti, altri 16.000 passaggi/anno in un’area con qualità dell’aria già non in linea con le soglie dell’OMS e in cui sono già stati autorizzati ulteriori insediamenti che ora sono in corso di apertura e che non faranno altro che aggravare tale situazione (come Amazon). A ciò si aggiunga il rischio incidentale associato a questo volume di traffico che peraltro coinvolge mezzi che trasportano rifiuti anche pericolosi e contenenti amianto, con ripercussioni potenziali su vasta scala (basti pensare ad uno sversamento di liquidi oppure nelle ricadute di amianto sui siti circostanti) non solo da un punto di vista ambientale ma anche dal punto di vista produttivo.

10) Inadempienza degli enti/capacità di controllo

Oltre ai profili di rischio già evidenziati, l’impianto proposto, volendo gestire una varietà quasi illimitata di tipologie di rifiuti (centinaia e centinaia di codici) della più disparata provenienza industriale (come concerie, raffinerie ecc) risulta anche di estrema complessità, con ben 7 linee di trattamento previste e oltre 300.000 tonnellate/anno di rifiuti da gestire (solo per le linee principali, 175.000 liquidi, tra cui anche pericolosi, e 110.000 solidi anche contenenti amianto). Come abbiamo visto gli stessi enti oggi chiamati ad esprimersi sul progetto:

– non sono stati capaci di risanare come imposto dalla legge le criticità preesistenti per tutte le matrici rispetto ad obiettivi di qualità fissati dai massimi organismi internazionali, tanto che i cittadini si vedono tuttora violati i propri diritti a vivere in un ambiente sano;

– si evidenzia anche la difficoltà di esercitare in maniera efficace ed efficiente i controlli indispensabili per prevenire il verificarsi di tali condizioni (ricordando che la normativa ambientale si basa sulla prevenzione e sulla revisione delle autorizzazioni esistenti);

– sono inadempienti su molteplici procedimenti, a partire dalla predisposizione e approvazione del nuovo Piano AERCA (la cui elaborazione è responsabilità proprio della Provincia di Ancona), dalla rielaborazione del Piano regionale della Qualità dell’Aria fermo al 2006 (!), alla definizione e conclusione dei molteplici procedimenti di bonifica che dovrebbero essere risolti entro i termini fissati dal D.lgs.152/2006 ecc.

Sarebbe quindi singolare e surreale per questi enti che hanno dimostrato inequivocabilmente di avere gravi limiti che si riverberano direttamente e/o indirettamente sulla qualità della vita e addirittura della salute dei cittadini, esprimersi in senso parere favorevole ad un impianto che aumenta le pressioni sul territorio invece di risolvere, come prevedono le norme a tutti i livelli, le criticità preesistenti.

Lo Spazio Comune Autogestito TNT poi presenterà entro i termini osservazioni ancora più dettagliate circa l’incompatibilità della proposta di Edison.

Spazio Comune Autogestito TNT

Eventi in programma