Lottare per la Palestina, contro ogni divieto
Città “assediata” e serrata dell’università: il Collettivo Depangher prende parola dopo il corteo di giovedì 21 novembre a Macerata
Il movimento di lotta a fianco della resistenza palestinese che ha riempito le piazze di tutto il mondo dall’ottobre 2023 non sembra intenzionato a fermarsi. Anche a Macerata la rabbia per quello che sta accadendo in Palestina, Libano e in tutto il Medio Oriente si riappropria della città. È ciò che è successo lo scorso 21 novembre, quando centinaia di persone, cittadini, studenti e studentesse sono scese in strada al grido di “Palestina libera, Libano libero!”, sfidando un assurdo meccanismo di repressione che vede coinvolte la questura da un lato e le istituzioni universitarie dall’altro.
È evidente come sia a livello locale che nazionale ci sia la volontà di negare agibilità politica alla questione palestinese. È ancor più evidente come non appena la protesta prova ad andare oltre la retorica dettata dal mainstream, si attivi la solita macchina repressiva. Cortei negati, fogli di via, perquisizioni, denunce e arresti sono oramai all’ordine del giorno in Italia come in tutti i paesi occidentali.
Questa è solo la punta dell’iceberg di un enorme sistema repressivo che deve essere analizzato, compreso e combattuto, anche in considerazione della spada di Damocle che di fatto rappresenta la messa in campo dell'(ex)DDL 1660 per il conflitto sociale nel nostro paese.
La gestione della piazza di giovedì scorso da parte della questura e la chiusura dell’università vanno inquadrate all’interno di questo contesto.
La smisurata presenza di forze dell’ordine, i vicoli chiusi, la presenza di polizia all’interno dello spazio universitario e in tenuta antisommossa a “blindare” la sede del Rettorato, persino gli ascensori verso il centro bloccati: la città posta “sotto assedio” per diverse ore. Tutto questo ha creato da un lato un clima di tensione completamente immotivato e fuori luogo, dall’altro un’intollerabile limitazione alla libera circolazione, creando enormi problemi a chi voleva raggiungere il corteo e ai semplici cittadini che si muovevano per il centro cittadino. È grave e paradossale come si sia scelto di ingabbiare una città e i suoi abitanti con la giustificazione di proteggere incondizionatamente chi fa parte dell’élite amministrativa/politica della nostra città da chi legittimamente vorrebbe esprimere la propria rabbia contro un genocidio in atto.
Oltre alle dirette responsabilità delle forze dell’ordine, la gestione repressiva delle mobilitazioni per la Palestina vede UniMc svolgere un ruolo altrettanto importante. Il rettore ha deciso di chiudere in maniera anticipata le sedi universitarie lungo il tragitto del corteo, facoltà e biblioteche chiuse dal primo pomeriggio senza avvertire né studenti né docenti, la ridicola motivazione dei “lavori straordinari”, agenti della Digos all’interno della facoltà di Filosofia. Quella dell’università di Macerata è una scelta che dà precedenza alla difesa incondizionata della propria autorità piuttosto che alla fruizione degli spazi da parte della comunità accademica, una scelta che dimostra come per l’ennesima volta UniMc scelga la strada del silenzio-assenso, della complicità filosionista di fronte al genocidio del popolo palestinese.
La nostra lotta a fianco della resistenza palestinese per noi coincide con la nostra lotta all’interno dell’università e della città di Macerata. Da anni ci scontriamo con l’istituzione universitaria per come vengono gestite in maniera autoritaria e repressiva le nostre facoltà, Unimc continua ad attuare una politica che nega spazi agli studenti e alle studentesse relegandoli ai margini della vita universitaria. Se serviva un’ennesima testimonianza di ciò che da anni denunciamo in città, la giornata di giovedì scorso ne è la sua più crudele dimostrazione. Ma la presenza della polizia all’interno della facoltà di Filosofia è anche la plastica rappresentazione di un potere debole e spaventato anche solo all’idea di una terza occupazione in città nel giro di un anno.
Continueremo a portare la resistenza per la Palestina dentro le nostre facoltà e nei vicoli di Macerata ma è sempre più urgente che questa lotta si unisca alla volontà di ribaltare un sistema universitario che ha ormai senso solo nella testa di chi lo dirige. Così come continueremo a lottare contro ogni divieto imposto da istituzioni che operano con la sola funzione di reprimere il dissenso e la voce di chi cerca di immaginare un futuro meno opprimente di quello che vorrebbero imporci.
Collettivo Depangher