Falconara – ‘Ora una strada diversa’ I centri sociali al presidio contro la festa Api
L’iniziativa di protesta è organizzata dai comitati cittadini in occasione dell’evento celebrativo dei 90 anni della raffineria Api
Sabato 14 ottobre saremo presenti al presidio davanti alla raffineria di Falconara Marittima organizzato dal Laboratorio Falkatraz e dai comitati falconaresi per contestare la celebrazione dei 90 anni del gruppo Api.
La nostra partecipazione si inscrive in quella storia in comune rappresentata dalle lotte contro la presenza nociva dello stabilimento, per un futuro diverso per il territorio e un progetto di vita migliore per chi lo abita. Una storia ormai trentennale, che nasce insieme ai primi comitati di quartiere Villanova e Fiumesino, dove prende forma l’opposizione sociale alla raffineria, col supporto delle e dei militanti del centro sociale Kontatto.
Una mobilitazione che cresce, mette in discussione l’inevitabilità della convivenza con un ecomostro, prova ad interloquire con gli operai ostaggio del ricatto occupazionale, punta ad inchiodare la proprietà della famiglia Brachetti Peretti alle responsabilità degli sversamenti, delle emissioni inquinanti e dei gravi incidenti sul lavoro.
Un percorso che é stato capace di ottenere anche significative vittorie, come quelle contro le due megacentrali e i progetti di nuovi rigassificatori, a Falconara come a Porto Recanati.
Perché le conseguenze sul piano ambientale della presenza della raffineria investono l’intera regione e quest’ultima è per forza di cose simbolo dell’asservimento dell’intero territorio a politiche industriali che privilegiano l’interesse di pochi a dispetto del diritto alla salute di molti.
Una battaglia storica, quella contro l’impianto Api, proseguita anche negli ultimi anni attraverso i presidi che hanno materializzato la protesta fin davanti ai cancelli della raffineria, oltre alle presenze in piazza in città, come nel febbraio 2022 a seguito dell’ennesimo incendio all’interno dello stabilimento.
Una battaglia che oggi si confronta con uno scenario di rinnovata centralità dei temi legati all’ambiente con la crescente consapevolezza della gravità delle conseguenze dei cambiamenti climatici in atto.
Una presa di coscienza generale che dobbiamo sviluppare e nel contempo difendere dalle sistematiche operazioni di appropriazione strumentale da parte degli stessi attori istituzionali corresponsabili della devastazione ambientale, interessati a trasformare l’urgenza di un intervento contro il climate change nell’ennesima emergenza attraverso cui imporre nuovi processi di sfruttamento dei territori, basati su progetti di trasformazione tecnologico-industriale e di transizione eco-digitale volti alla salvaguardia e all’implementazione dei profitti.
Quegli stessi che non hanno perso l’ultima opportunità di trarre ingenti guadagni dalle fonti fossili offerta dallo scatenarsi della guerra in Ucraina. Quadro che con ogni probabilità è destinato a riproporsi ed aggravarsi con la recrudescenza del conflitto arabo israeliano odierno.
Del resto oggi anche l’Api, nel contesto della celebrazione dei 90 anni, lancia la sua linea IPlanet di oltre 500 distributori di ricariche elettriche ultrafast: ma a che serve la mobilità elettrica quando é finanziata e a sua volta arricchisce i potentati del profitto fossile?
Uno scenario complesso, quello caratterizzato da un discorso pubblico che fa propri contenuti a difesa dell’ambiente, mentre sul piano della realtà materiale tutto procede all’insegna del ‘business as usual’ fatto di devastazione, estrazione e sfruttamento.
Come per le morti, dentro e fuori la raffineria, abbiamo puntato il dito contro i responsabili – dirigenti, proprietà – allo stesso modo dobbiamo saper nominare il responsabile della crisi climatica: il sistema capitalistico che opprime il pianeta e sfrutta chi vi abita.
Dobbiamo rovesciare la prospettiva, risalendo dall’effetto alla causa: non combattiamo contro i cambiamenti climatici, ma contro il sistema iniquo che li ha generati. Non combattiamo contro le esalazioni maleodoranti e nocive, ma per la dismissione e bonifica della raffineria che le causa.
Sarà ancora più importante, all’interno di questo scenario, condurre battaglie territoriali che abbiano la forza di contrastare i punti di precipitazione di processi di trasformazione imposti dall’alto, per agire sulle contraddizioni e provare ad opporre a questi ultimi la nostra idea e la nostra pratica di trasformazione sociale, politica, ecologica.
Per queste ragioni saremo ancora una volta a fianco della popolazione in presidio e in assemblea a Falconara sabato, perché se c’è una storia da celebrare, non è la loro, è una storia viva e inseparabile dal presente che costruiamo, quella che parla il linguaggio delle lotte popolari del territorio e che, dopo 90 anni di Api, reclama l’ora di una strada diversa.
Centri Sociali delle Marche