Giustizia e sicurezza, sciopero dell’Unione delle camere penali

Dal 7 al 9 febbraio tre giorni di protesta contro il nuovo “pacchetto sicurezza”

Pubblichiamo il testo di indizione delle giornate di astensione dal lavoro deliberato dall’Unione delle Camere Penali Italiane, stato di agitazione promosso per opporsi ai progetti di riforma in tema di giustizia e in particolare al disegno di legge sulla sicurezza approvato recentemente dal Governo. Questo testo, per toni e contenuti, ci sembra segnalare con estrema evidenza la situazione di grave emergenza in cui versa l’amministrazione della giustizia nel nostro paese, che assume sempre più decisamente i tratti di una forma inedita di totalitarismo giudiziario.

GIUNTA DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE
Delibera del 25 gennaio 2024

La Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane,

RILEVATO

– che con delibera del 20 novembre 2023 è stato proclamato lo stato di agitazione denunciando le determinazioni assunte dal Governo con l’emanazione del pacchetto sicurezza, violative dei principi di offensività e proporzionalità, tipiche del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico;

– che con tale proclamazione è stata censurata l’irrazionale moltiplicazione delle fattispecie di reato e l’aggravamento delle pene in senso contrario al principio di uguaglianza e di proporzionalità, nonché la perdurante pretesa di affidare al sistema penale la soluzione di ogni situazione di conflitto sociale, facendo gravare in maniera del tutto irrazionale sulla carcerazione il destino dell’intero ordinamento;

– che con tale iniziativa abbiamo in particolare inteso stigmatizzare la mancata soppressione dei limiti interposti all’appello dall’art. 581 c.p.p. che era stata oggetto di una reiterata richiesta di intervento al Ministro della giustizia Carlo Nordio;

CONSIDERATO

– che, benché sia oramai dimostrato che il sistema carcerocentrico incrementi la recidiva che, viceversa, viene sensibilmente contenuta percorrendo la strada dell’implementazione delle misure alternative e delle pene sostitutive, si continua ad affidare allo strumento repressivo penale la risposta alla legittima richiesta di sicurezza che proviene dalla collettività conducendo così al collasso l’intero sistema;

– che a fronte del drammatico fenomeno dei suicidi in carcere, la cui incidenza (già DIECI dall’inizio dell’anno) è di venti volte più alta che nelle condizioni di libertà, del perdurante aumento del sovraffollamento (oramai prossimo a quello della sentenza Torreggiani) e del conseguente peggioramento delle condizioni di vita a cui sono costretti i detenuti ristretti in carceri ormai al collasso, sono venute del tutto a mancare, da parte del Governo, iniziative volte alla decompressione ed alla salvaguardia della dignità dei ristretti, proponendosi, al contrario, esclusivamente la progettazione di nuovi spazi detentivi, ovvero l’incremento di strumenti e di risorse in chiave puramente securitaria e di conservazione dello status quo;

– che, anziché rispondere agli obblighi impostigli dalla Costituzione e dalla CEDU, che fanno divieto di infliggere pene o trattamenti inumani, si è inteso piuttosto introdurre nuove fattispecie di reato come la “Rivolta in istituto penitenziario”, integrata anche da condotte tipicamente inoffensive, quali la resistenza passiva, inserendo tali nuove fattispecie nel catalogo dei reati ostativi di cui all’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario;

– che analoghe soluzioni si è inteso adottare con riferimento ai luoghi della cd. detenzione amministrativa ove persone prive di colpa si vedono private della libertà personale e costrette a vivere in condizioni inaccettabili per uno stato di diritto e per ogni moderna e civile democrazia rispettosa dei vincoli costituzionali e sovranazionali;

RITENUTO

– che il contenuto del pacchetto sicurezza, lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela una matrice securitaria sostanzialmente populista e profondamente illiberale caratterizzata da un irragionevole rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi e ai danni dei soggetti più deboli, distinguendosi per l’introduzione di un’iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione dei principi di eguaglianza e proporzionalità;

– che l’Unione delle Camere Penali Italiane aveva fornito il proprio contributo per la redazione delle disposizioni integrative e correttive della Riforma Cartabia e che nonostante la premessa alla relazione illustrativa contenga la formula (di stile) secondo la quale “nell’elaborazione dei correttivi si è tenuto conto dei contributi provenienti dall’accademia, dall’avvocatura e dalla magistratura”, in concreto nessuna delle puntuali proposte di modificazione suggerite è stata recepita;

– che a fronte della oramai concorde esigenza di addivenire ad una complessiva, radicale ed organica riforma del processo penale che restituisca coerenza al modello accusatorio, si è proceduto ancora una volta in maniera disorganica alla formulazione di rimedi inadeguati e limitati, mentre si è assegnato il compito di operare la riforma del codice ad una Commissione ministeriale che risulta tuttavia formata nella sua schiacciante maggioranza da esponenti della magistratura spesso portatori di una visione assai distante dal ripristino di quel modello originario;

–  che d’altronde, in linea con la scelta di privilegiare in esclusiva il contributo “tecnico” della magistratura, si è anche ritenuto di non intaccare affatto l’egemonia dei “fuori ruolo” all’interno del Ministero della Giustizia, effettuando con la riforma ordinamentale in atto una
vera e propria “fotografia” dell’esistente, così confermando il sostanziale presidio dei rappresentanti del giudiziario all’interno dell’esecutivo con un evidente violazione del principio liberale di separazione dei poteri;

– che tra gli interventi urgenti prospettati al Ministro vi è certamente quello che afferisce alla necessaria e più volte richiesta abrogazione dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 c.p.p. che prevedono l’allegazione di una elezione o dichiarazione di domicilio e per gli imputati assenti l’allegazione di uno “specifico mandato ad impugnare”;

– che tale previsione oltre a ledere la dignità del difensore e a restringerne le facoltà proprie, nuoce gravemente ai soggetti più deboli che usufruiscono dell’istituto della difesa d’ufficio, a vantaggio di un efficientismo indifferente alla qualità della giustizia, all’effettività del diritto di difesa, alla centralità dell’accertamento della responsabilità penale attraverso un doppio grado di giudizio, in violazione dei principi costituzionali e sovranazionali;

– che la riduzione del numero delle impugnazioni con conseguente alleggerimento dei ruoli delle Corti d’Appello e della Corte di Cassazione non può essere considerato in alcun modo un obiettivo da perseguire legittimamente attraverso la compressione del diritto di impugnare, anche a scapito della riforma di sentenze ingiuste e di irrogazione di pene illegali;

PRESO ATTO

– che nonostante gli incontri con il Ministro Carlo Nordio, succedutisi alla delibera dello stato di agitazione, aventi ad oggetto la richiesta di modifica dell’art. 581 c.p.p., abbiano visto la sostanziale condivisione circa la opportunità di abrogare i commi 1-ter e 1-quater del suddetto articolo, gli stessi si sono interrotti a fronte della rappresentata impossibilità di accedere alla auspicata riforma a causa della funzione deflattiva che questa norma avrebbe nel sistema delle impugnazioni, con conseguente flessione degli indici di riduzione delle pendenze imposte dal P.N.R:R.;

– che in assenza di risposte positive in ordine alla soppressione di norme inique che comprimono inammissibilmente il potere di impugnazione del difensore, prerogativa fondamentale dello stesso inviolabile diritto di difesa, si deve porre in essere ogni iniziativa politica a presidio dei principi costituzionali e convenzionali per ristabilire la centralità del diritto di difesa, che si articola anche e soprattutto nel potere di impugnare provvedimenti ritenuti ingiusti in particolare in favore dei soggetti più deboli quali sono i difesi d’ufficio;

– che, pur prendendo atto di importanti segnali di attenzione del Governo verso quelli che sono da sempre obiettivi propugnati dall’Unione delle Camere Penali Italiane, quali il ripristino della prescrizione sostanziale, ovvero gli ulteriori interventi in materia penale con l’abrogazione dell’abuso di ufficio e la ridefinizione della fattispecie di traffico di influenze, resta evidentemente contraddittorio il percorso sin da subito intrapreso della iperproduzione di nuove fattispecie di reato, in direzione opposta alla realizzazione di un diritto penale minimo;

– che anche in materia di intercettazioni, sebbene sia certamente apprezzabile l’aver finalmente dato seguito ad una risalente richiesta di UCPI a tutela della riservatezza delle comunicazioni fra difensore e il proprio assistito, sostanzialmente violata attraverso interpretazioni distorte e riduttive dell’art. 103 c.p.p., non può non rilevarsi che se da un lato si afferma di voler contenere l’abuso dello strumento intercettativo, dall’altro si è provveduto ad un abnorme ed irragionevole allargamento del suo utilizzo a tutti i reati laddove siano aggravati dall’art. 416- bis.1. c.p. e dunque al di fuori del ricorrere di fenomeni di “criminalità organizzata”, emergendo dunque anche in questa materia l’urgente necessità di un intervento più organico di riforma;

– che l’Unione delle Camere Penali Italiane, in assenza di una risposta sollecita e chiara in ordine alle emergenze sopra segnalate ed a quelle che riguardano in particolare lo stato del processo penale e le condizioni del carcere nel nostro Paese, fenomeni che entrambi colpiscono al cuore i principi della Costituzione, il diritto di difesa e la dignità stessa delle persone private della libertà personale, non può non assumere legittime iniziative volte ad impedire l’attestazione di irrevocabilità su sentenze ingiuste e la susseguente esecuzione di condanne a pene detentive di persone a cui non è stato consentito accedere ad un successivo grado di giudizio;

– che deve altresì assumersi una ferma posizione chiedendo che il Governo adotti con urgenza misure tecniche immediate al fine di rimediare all’ingravescente fenomeno del sovraffollamento anche attraverso l’adozione di provvedimenti di clemenza generalizzata quali l’amnistia e l’indulto;

– che devono porsi le premesse per un cambio di rotta radicale e per un intervento ampio ed organico che recuperi la finalità rieducativa delle pene, che escluda la centralità del carcere quale luogo di esercizio di tale finalità, che restituisca la necessaria dignità all’esperienza residuale delle pene detentive, respingendo ogni iniziativa volta ad esaltare la finalità retributiva della pena, l’esemplarità delle condanne a pena detentiva, ed ogni equazione fra carcere e sicurezza dei cittadini, incrementando al contrario l’accesso ad ogni forma di sanzione alternativa;

– che l’Unione chiede con forza e determinazione al Governo di porre in campo ogni energia ed ogni risorsa al fine di affrontare con efficacia il terribile fenomeno dei suicidi non essendo più tollerabile che coloro che sono nella esclusiva responsabilità dello Stato, giovani e meno giovani, sottoposti a custodia cautelare e condannati definitivi, non vedano le loro vite oggetto di adeguata cura e di salvaguardia.

Tanto premesso,

DELIBERA

nel rispetto del Codice di Autoregolamentazione l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 7, 8, 9 febbraio 2024 escluso il circondario di Termini Imerese, interessato da un’astensione indetta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese con delibera del 16 gennaio 2024 per i giorni 5, 6, 7, 8 e 9 febbraio 2024;

INVITA

le Camere Penali territoriali ad organizzare, per i giorni 7 e 8 febbraio 2024, iniziative di informazione e di discussione sulle ragioni della protesta;

CONVOCA

le Camere Penali territoriali affinchè partecipino tutte all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario dei Penalisti Italiani che si terrà in Roma i giorni 9 e 10 febbraio 2024;

DISPONE

la trasmissione della presente delibera al Presidente della Repubblica, ai Presidenti della Camera e del Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, ai Capi degli Uffici giudiziari.

Roma, 25 gennaio 2024

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