Strage di Pylos: Necropolitica europea

Un resoconto e un contributo di riflessione di Silvia Collesi da Salonicco, dove sono in corso manifestazioni di protesta dopo l’ennesimo tragico naufragio nel Mediterraneo

L’incidente

Nella notte tra martedì 13 e mercoledì 14 giugno un peschereccio con a bordo quasi un migliaio di migranti si è capovolto davanti alle coste greche. 13 ore di allarmi caduti nel vuoto. 19 telefonate piene di disperazione. Nessuna risposta, sordo silenzio.

La Guardia costiera ellenica dice 646, l’attivista Nawal Soufi in contatto telefonico con i migranti e le reti locali parla ormai di almeno 750 vittime certe, di cui molti bambini. Le foto e le informazioni disponibili fino ad ora confermano questi numeri, ma le cifre effettive sono destinate a rimanere indicative e ahimè ad aumentare.

Il naufragio è avvenuto a circa 60 km a sud-ovest di Pylos, nel Sud del Peloponneso, in corrispondenza della Fossa di Calypso, una depressione sottomarina che supera i 5.000 metri di profondità. Un vero e proprio baratro, il punto più profondo di tutto il Mediterraneo: Il recupero dei corpi si sta rivelando particolarmente difficile, non ci vorrà molto perché il mare li inghiotta per sempre. Ad oggi i superstiti ammontano a poco più di un misero centinaio ed è improbabile questo numero aumenti.

All’Interno del comunicato ufficiale della HCG (Hellenic Coast Guard) viene ribadito più volte che il fatale capovolgimento sia stato causato semplicemente da una manovra errata, affrettata. Continuano poi a colpevolizzare le vittime, ribadendo ossessivamente che i passeggeri a bordo del peschereccio non volessero in alcun modo essere aiutati, nonostante ciò non giustifichi e renda persino più grave il mancato soccorso, sapendo inoltre con certezza che la HCG fosse a conoscenza dell’avvistamento e che l’imbarcazione si trovasse in fase di monitoraggio già dalla mattina precedente il naufragio, come confermano le autorità.

La Necropolitica

Nel caso specifico di Pylos, siamo di fronte a una vera e propria ecatombe, un bagno di sangue alla stregua di Cutro, che ha portato alla perdita di numerosissime vite innocenti. Purtroppo, la strage di questi giorni rappresenta solo l’ennesimo triste episodio nel contesto della cosiddetta spregevole “necropolitica” europea che permea il nostro continente.

Questo termine, coniato dal filosofo camerunense Achille Mbembe, si riferisce ad una politica della morte, all’uso sistematico della violenza e della repressione nei confronti di determinate categorie di persone da parte degli stati o di altre entità di potere. Nella necropolitica, il potere non si limita solo a controllare e disciplinare i corpi viventi, ma estende il suo malato dominio sulla vita stessa e anche sulla morte. Si tratta di una forma estrema e utilitaristica di potere che si basa sulla possibilità di determinare chi può vivere, chi deve morire e come questo può avvenire. Può manifestarsi in diverse forme come quella della violenza di stato, dei genocidi, nelle semplici guerre o nelle politiche di discriminazione e segregazione razziale. Prende la morte e la trasforma in uno strumento di sterminio.

Questo evento è solo uno dei tanti che evidenziano le conseguenze disumane delle politiche di chiusura delle frontiere, adottate da molti paesi europei, nell’affrontare la questione dei migranti e dei rifugiati. La strage dei giorni scorsi richiede una critica ferma e senza mezzi termini nei confronti delle politiche migratorie europee, che si concentrano principalmente sulla difesa dei confini a discapito della vita e della dignità delle persone, e che mettono in pericolo la vita di individui disperati che cercano solo sicurezza e protezione, spingendoli a intraprendere viaggi pericolosi e affidarsi a reti di trafficanti di esseri umani.

Migranti in Grecia: Crisi e Proteste

In risposta all’incidente di Pylos e alla situazione generale dei migranti, nei giorni passati si sono verificate manifestazioni in Grecia, principalmente a Salonicco e ad Atene. I manifestanti hanno espresso la loro indignazione e frustrazione nei confronti delle politiche di accoglienza e gestione dei migranti, sottolineando con rabbia e fervore la necessità di una maggiore solidarietà e umanità, chiedendo alle autorità greche e all’Europa di affrontare la situazione in modo più efficace.

Molte persone ritengono che l’attuale politica migratoria europea sia ancora del tutto inadeguata e orientata principalmente a controllare i flussi migratori, piuttosto che a garantire l’effettiva sicurezza e i diritti dei migranti. Nel crogiolo dell’ Europa, sospesi tra terra e mare, i migranti vengono trasformati in statistiche, dimenticando che ogni numero rappresenta una vita spezzata, un sogno infranto.

La situazione migratoria in Europa richiede una visione più ampia e una risposta collettiva. L’Europa nel suo insieme, inclusi i singoli paesi membri, ha una responsabilità condivisa nella gestione dei flussi migratori e nell’assicurare il rispetto dei diritti umani dei migranti. È essenziale un approccio basato sulla solidarietà e sulla condivisione delle responsabilità tra tutti gli Stati membri, specie quelli maggiormente investiti dai flussi migratori.

Colpe e Responsabilità: l’Europa e i singoli paesi

L’Europa, schiava della paura e della xenofobia, ha perso di vista la sua anima cosmopolita, relegando i migranti alla deriva di una politica crudele, sorda ed individualista che macchia la sua storia e tradisce la sua essenza umanitaria, lasciando i migranti affogare nel mare dell’indifferenza e dell’egoismo nazionale. Il nostro, una volta faro di libertà e di diritti, è un continente che si è rinchiuso in sé stesso e nega la salvezza a chi bussa alle sue porte disperate, dimenticandosi che la sua vera grandezza risiederebbe nella capacità di accogliere e integrare.

È essenziale riflettere sulla strage di Pylos, su come non si tratti solo di un tragico evento isolato, ma piuttosto del risultato diretto delle politiche discriminatorie e dell’approccio securitario che caratterizzano il sistema europeo di gestione delle migrazioni. La mancanza di una risposta umanitaria e di un vero, reale, impegno nel rispetto dei diritti umani hanno contribuito a creare un contesto in cui queste tragedie possono verificarsi.

È fondamentale che le politiche migratorie attuali vengano destrutturate e adottino un approccio umano e solidale, basato sul rispetto dei diritti fondamentali delle persone in cerca di protezione. Dovrebbero essere messe in atto misure per garantire un accesso sicuro e legale all’Europa, affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate e promuovere la cooperazione internazionale per gestire in modo umano e dignitoso i flussi migratori.

Non si tratta di un’ Europa che finge di non vedere, ma di una grande prigione dorata, una fortezza blindata che con delle politiche precise e radicate nel tempo, sceglie giorno dopo giorno di produrre morte e disperazione. La sottile linea d’ombra che esiste tra lasciare morire e uccidere è ormai diventata talmente labile e impalpabile che non si parla più di incidenti. Sono omicidi, massacri, grandi stragi di Stato e vanno trattate come tali.

Silvia Collesi

  • Leggi anche Grecia, strage di Pylos. «Nessuna pace per gli assassini» su MeltingPot.org

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