26 marzo, cronaca di una giornata insorgente

È una giornata che sa già d’estate, ben più della primavera che entra, quella che accoglie l’arrivo delle migliaia di persone che sabato hanno scelto di essere a Firenze. Da Villa Costanza, dove giungono gran parte degli autobus, fino al piazzale della stazione di Santa Maria Novella, luogo di raduno degli spezzoni delle lotte sociali e ambientali. Chi è partito dalle altre città della Toscana è anche riuscito ad occupare i vagoni del treno diretto al capoluogo, rivendicando una mobilità accessibile e gratuita, oltrechè sostenibile.

Al parco delle Cascine l’accoglienza old school del collettivo di fabbrica (ex) Gkn: fra magliette, gadget variopinti e il resto del materiale per autofinanziare la cassa di resistenza, spunta il diario dell’impresa collettiva Insorgiamo che ha scelto la piazza di oggi per il suo esordio editoriale. È da qui che inizia a prendere forma la testuggine che abbiamo imparato a riconoscere per le strade fiorentine e non solo, dove campeggia il drappone rosso che risalta il motto partigiano dipinto in bianco. Subito dietro le studentesse e gli studenti che contribuiscono all’organizzazione del servizio d’ordine insieme ai complici e alle solidali del gruppo di supporto. Universitarie e universitari dietro allo striscione che richiama la provocazione antipadronale del ‘Siamo classe dirigente’ accompagnata da una matita e una chiave inglese che si incrociano.

Fuori dall’emergenza, per questo, per altro, per tutto!’ è invece il claim che accompagna le realtà sociali e politiche della città e della regione che finiscono di comporre la testa del lungo serpentone che di lì a breve si farà strada nel bel mezzo della città vetrina. Muovendo da piazza Vittorio Veneto, il corteo accoglie lo spezzone rappresentativo delle lotte ambientali e per la giustizia climatica, che confluisce insieme alle realtà contadine e per la sovranità alimentare. ‘Siamo la natura che insorge’, un fascione disegnato che raccoglie quanti hanno agitato lo sciopero per il clima di venerdì 25 marzo, precede lo striscione che prova a fare sintesi dei contenuti di rivendicazione condivisi con i comitati toscani a difesa dei territori: ‘Né civile, né militare / No fossile, No nucleare’.

Il tema della guerra in Ucraina, e ciò che ne è seguito, la dichiarazione dello stato d’emergenza, l’invio di armi e il vertiginoso aumento delle spese militari; il carovita e le speculazioni sui prezzi con gli aumenti di bollette, carburanti e beni primari. Le tensioni di queste ultime settimane e le urgenze che hanno scatenato, avrebbero potuto pregiudicare il buon esito della manifestazione.

Al contrario, un’attitudine collettiva a coniugare politicamente i nodi posti da questa nuova fase emergenziale all’interno del piano complessivo delle rivendicazioni ha trovato una diffusa e determinata espressione nello svolgersi del corteo. ‘Disertiamo‘: cori, slogan impressi su stoffa, cartelloni o finiti sui muri di una caserma, in tante e tanti raccolti attorno allo storico bandierone di ‘Firenze città aperta, ripudia la guerra‘. Un rifiuto radicale di questa guerra, e la diserzione come unica posizione politica possibile, hanno accomunato quanti tengono vivi i legami di solidarietà internazionale, quante si battono contro ogni discriminazione e per una vera uguaglianza. Al fianco degli insorgenti di Campi Bisenzio anche le numerose vertenze che negli ultimi mesi hanno intrecciato i loro percorsi a vicenda: da Caterpillar ad Alitalia, da Whirlpool a Tim, fino al movimento disoccupati 7 novembre e le altre realtà del sindacalismo di base e conflittuale.

In piazza risuonano le storie delle e dei militanti raggiunti a Napoli da notifiche di avvisi orali e indagati per associazione a delinquere, quelle delle e degli attivisti NoTav arrestati negli ultimi giorni; o quelle di Jessica e Simone che a Cosenza sono stati più forti della richiesta di sorveglianza speciale. La solidarietà attiva è quella che si costruisce nelle pratiche quotidiane di lotta e resistenza, come proprio a Firenze la scorsa settimana hanno dimostrato le occupanti e gli occupanti di Corsica 81, dopo il subdolo sgombero subito.

L’enorme flusso di manifestanti si distende per le strade della città, confluisce sul Lungarno attraversando due volte il fiume. Non si scorgono cima e coda del corteo prima dell’ingresso in Piazza di Santa Croce, con il sagrato della Basilica che si colora dell’allestimento insorgente, man mano che la piazza inizia a stiparsi delle decine di migliaia di presenti. Difficile provare a numerarle, talmente ampio e lungo è stato l’itinerario di questa giornata resistente che si è ripresa il cuore di uno spazio urbano che si vorrebbe ostaggio di un decoro addomesticato per profitto.

Un’altra scommessa vinta, un’altra imponente prova di mobilitazione, da parte di chi da Campi ha scelto di non abbassare la testa, ma ha deciso di chiamare in causa quanti ancora intendono provare a cambiare i rapporti di forza.

‘Fine del mondo, fine del mese / Stessi colpevoli, stessa lotta’ attraverso la suggestione mutuata dai jilets jaunes d’oltralpe, i centri sociali delle Marche provano a segnalare l’altezza delle sfide che pone questo presente di guerra e miseria. Dopo la giornata di sabato sarà importante misurare quella disposizione collettiva a delineare traiettorie di convergenza che riescano a spingere in avanti ed allargare quello spazio di possibilità aperto al conflitto e a nuove opzioni di opposizione e trasformazione. Ma in questo presente di guerra e miseria sono proprio giornate come quella di sabato a tenere aperto quello spazio e ad incoraggiare l’ambizione collettiva a invertire la tendenza.

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