Il popolo palestinese, l’unico forse che può dirsi realmente libero – Intervista con Mervat Alramli
Israele prova ad intimidire, la resistenza palestinese non cede, il cessate il fuoco a Gaza e in Libano è ancora in vigore. Il punto di vista della scenografa nata a Gaza ma che si trova ad osservare quanto accade da dentro l’Occidente
Nonostante le gravi e continuate violazioni e provocazioni da parte dell’entità israeliana, il cessate il fuoco sia in Libano che nella Striscia di Gaza vige ancora. I villaggi libanesi dell’area a ridosso del confine nord sono bersaglio di “operazioni mirate” dell’Idf, che tenta di procastinare il completo ritiro dei suoi effettivi, permanendo in cinque posizioni anche alla scadenza dei termini concordati che vedono la restante parte della popolazione fare rientro alle loro loro abitazioni. Nella striscia si è superata l’impasse prodotta dalla sistematica inottemperanza da parte dello stato di Israele delle condizioni poste a base della tregua: attacchi e uccisioni di civili e ritardi nella consegna degli aiuti, specie di case mobili e macchine movimento terra. La ferma posizione dei mediatori palestinesi, dopo l’annuncio della sospensione indefinita dello scambio di prigionieri, ha sbloccato lo stallo con il più consistente rifornimento di carburante che ha finalmente fatto ingresso a Gaza, in un contesto di crisi umanitaria che permane e dove lato Israele si insiste nel ricorso sistematico alla dilazione, facendo sì che il resto dei convogli attesi siano tuttora fermi al valico di Rafah.
L’ostinazione nel costante sottrarsi al rispetto degli obblighi da parte dello stato occupante si accompagna alle nuove operazioni militari condotte in queste ultime settimane in Cisgiordania, su un piano di intensità ed estensione che non ha precedenti recenti, con numerose vittime e almeno ventimila persone sfollate in particolare dai campi profughi di Jenin e Tulkarem, i centri abitati principalmente colpiti.
Sebbene di assoluta gravità, e condotte in una direzione di espansione e annessione ulteriore in West Bank, le azioni compiute dall’occupazione non sono altro che una reazione alla vittoria di portata storica che il raggiungimento del cessate il fuoco ha rappresentato per le forze della resistenza.
Le magliette con la stella di David e la frase “non dimentichiamo, non perdoniamo” che i loro aguzzini hanno costretto a far indossare ai detenuti liberati dalle prigioni dello stato ebraico durante l’ultimo scambio di sabato scorso, fanno da miserabile contraltare alle immagini delle cerimonie di rilascio dei prigionieri di guerra israeliani, prova evidente di come la resistenza non sia stata sconfitta bensì è salda e determinata nella sua lotta di liberazione, anche nel mezzo delle macerie di quindici mesi di guerra genocidiaria.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Mervat Alramli, una sceneggiatrice e scenografa palestinese, che ci restituisce il punto di vista di chi, nato a Gaza, vive oggi in Italia ed è in Occidente che si trova ad affrontare le conseguenze degli avvenimenti in Medio Oriente.