Sognando la rivoluzione, gli anni Settanta nell’Italia Meridionale

di: Sergio Sinigaglia

In queste ultime settimane si è tornato a parlare di anni Settanta, o più precisamente del periodo compreso tra il biennio 68/69 e il decennio successivo. Una volta tanto lo si è fatto evitando di proporre per l’ennesima volta la vulgata superficiale e anche un po’ menzognera sintetizzabile nel concetto “anni di piombo”, ma viceversa trattando la questione in un’ottica diversa.

Ciò è stato possibile grazie a due importanti contributi: il documentario “Lotta Continua”, andato in onda in anteprima su Rai Play a dicembre, nella versione completa in quattro parti, mentre il 13 gennaio Rai 3 ha proposto una versione leggermente ridotta. Si tratta di una ricostruzione onesta e abbastanza attendibile, seppure parziale, visto che il regista ha trascurato altri movimenti e altre esperienze di quegli anni, che si è avvalsa di immagini, alcune poco conosciute, e di testimonianze di qualche autorevole protagonista.

Sempre il 13 gennaio è uscito nelle librerie “Niente da dimenticare” –  verità e menzogne su Lotta Continua, scritto da Guido Viale, Edizioni Interno 4, che si va ad aggiungere ai  pochi saggi che ristabiliscono, senza omissioni e reticenze, uno sguardo equilibrato e obiettivo sul decennio. Tra l’altro il libro in poche settimane ha avuto tre ristampe, raggiungendo la tiratura di cinquemila copie, e le varie presentazioni che l’autore sta tenendo in giro per l’Italia vedono le sale piene.

Ma tra la recente saggistica sull’argomento vale la pena soffermarsi su un testo poco conosciuto, uscito nel 2021, che va a coprire parzialmente una lacuna piuttosto vistosa per quanto riguarda la tematica in questione, cioè la storia di Lotta Continua nel Meridione, e di riflesso quella dei movimenti che attraversarono quelle regioni.

 “Sognando la rivoluzione”, sottotitolo “Lotta Continua e la stagione dei movimenti. Gli anni Settanta nella provincia meridionale,  pubblicato dall’Edizioni dell’Ippogrifo, è stato scritto dal trentottenne Flavio Giordano, il cui padre Antonio, insieme allo zio Mario, alla fine del 1970 aprirono a Salerno la sede di Lotta Continua.

Il testo dopo un excursus sulla genesi della maggiore organizzazione della sinistra extraparlamentare, forse eccessivo dato che si narra fatti ampiamente trattati dalla storiografia,  affronta le dinamiche sociali appunto “nella provincia meridionale”, con una inevitabile particolare attenzione verso Salerno, ma anche le vicende che interessarono Napoli e altre località più periferiche. Ne esce un affresco sulle lotte nel Sud Italia estremamente interessante dove emergono le peculiarità dei quei movimenti.

A fronte di ciò che accadeva nel Nord del Paese, dove le grandi fabbriche erano il centro del conflitto e l’unità operai-studenti era il motore del processo aggregativo, nel Meridione era spesso la rivolta  a caratterizzare le insorgenze. Fu così a Battipaglia nel 1969 quando la chiusura del tabacchificio e dello zuccherificio provocò la ribellione della popolazione con barricate, scontri durissimi con le forze di polizia, due morti e decine di feriti. Un anno dopo si replicò a Reggio Calabria, questa volta con una rivendicazione ambigua, l’assegnazione a Catanzaro del capoluogo di regione, non a caso strumentalizzata dai fascisti, anche se Lotta Continua fu l’unica organizzazione a cercare di starci dentro, capendo la potenzialità sprigionata dalla rabbia sociale, seppur deviata su un falso obbiettivo, ma spia di un disagio materiale profondo.

Ma il processo di politicizzazione innescato dai giovani militanti, alcuni rientrati nel paese d’origine dopo le esperienze delle lotte universitarie, altri mandati appositamente da Lotta Continua per aprire nuove sedi, fu portatore di esperienze proficue che lasciarono il segno. Flavio Giordano avvalendosi delle testimonianze degli ex attivisti racconta la Napoli del colera (1973), del precariato, delle nascita del movimento dei disoccupati, della mensa dei bambini proletari, del giornale “Mo che il tempo si avvicina”, dalla vita effimera, ma che per alcuni mesi consentì a Lotta Continua di diffondere i contenuti delle rivendicazioni in tutto il Meridione.

Possiamo ben dire che la fase in cui fu lanciato il programma “Prendiamoci la città”, cioè portare nella società i contenuti anti autoritari e di emancipazione elaborati nel biennio 68/69, ebbe al Sud piena attuazione, anche se pure  il Sud viveva un processo di industrializzazione, per cui se la classe operaia meridionale non ebbe un impatto paragonabile con il Nord,  per alcuni anni rivestì un ruolo non secondario, non solo nelle conosciute Italsider o Alfa Sud, ma anche nel distretto del pomodoro dell’agronocerino sin da allora luogo di sfruttamento e caporalato e oggetto di intervento politico da parte dei giovani di LC.

Ma fare politica in quelle zone significava, come abbiamo visto, dover fronteggiare la presenza massiccia dei fascisti e il saggio di Giordano è pieno di riferimenti a episodi di resistenza antifascista, in primis la vicenda di Giovanni Marini, anarchico di Salerno, che fu aggredito da un gruppo di squadristi e per terra questa volta, rimase il missino Carlo Falvella, la cui morte portò ad un clima incandescente con agguati e aggressioni nei confronti dei militanti di sinistra.

Nella parte finale del volume, tralasciando le vicende più generali, ci pare degna di attenzione l’esperienza dei “Circoli ottobre”, progetto che ebbe un grosso sviluppo per iniziativa del compianto Sergio Martin, a cui è dedicato il libro, progetto che affrontò il “lavoro culturale” interpretando lo spirito dei tempi, cioè portando teatro popolare, concerti, con musicisti e cantanti che avrebbero poi raggiunto la grande notorietà, nei piccoli paesi del Sud, dove la gente arrivava in piazza per lo spettacolo con la sedia portata da casa e si creava un’atmosfera magica, fatta di empatia e comunità.

Sono lavori come quello di Flavio Giordano che restituiscono a quegli anni la dignità e il rispetto che meritano.

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