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Carne Viva, una recensione

di: Daniela Mariani

Carne viva è quella liberata dalla pelle strappata sprigionando un senso di crudità che è il sapore primordiale delle cose vere.Il libro di Merritt Tierce racconta questa profondità, scivolando sotto l’epidermide del linguaggio. Senza sentimentalismi e eccessi emotivi, l’autrice narra la vicenda della protagonista con una lucidità perfetta comprimendo la distanza tra la storia e le parole usate.Marie è una ventenne che trova il suo spazio vitale nel lavoro come cameriera.

Sotto il peso dei piatti di portata, tra rampe di scale e tavoli pieni, in quel labirinto dove ciò che conta è “non fare cazzate”, la ragazza riscopre una bellezza quasi grottesca in cui riesce a orientare la sua vita. Il lavoro, a cui si dedica instancabilmente, le serve tanto economicamente quanto come sopravvivenza psicologica per sfuggire da se stessa, dal suo severo pretendere per dimostrare di essere.

Tuttavia la sofferenza così come il dolore sono strette nelle pagine, soffocate con l’urgenza, quasi chirurgica, di una narrazione vera che tiene il lettore per il colletto della giacca ad un momento, per poi scordarsi completamente di lui fino a quasi ripudiarlo l’attimo successivo.Si entra dentro tutto, mettendoci le mani tastando la durezza spesso incomunicabile.

La spina dorsale del racconto sorregge lo sguardo di chi legge attraverso il limbo di quel mondo di cui Marie diventa la regina, arrivando a lavorare in uno dei ristoranti più conosciuti di Dallas: i camerieri, gli chef, la droga, il sesso occasionale e la vicinanza quasi costante con l’imprevedibile.

“Tanya mostrava la tipica combinazione di ciò che avevo visto in certe persone che lavorano nell’ambiente da dieci anni o più: un’aria ferita, offesa, attribuibile al protrarsi del loro stato di servitù contrattualizzata, mescolata a un orgoglio sprezzante per la propria efficienza professionale. Specialmente all’arrivo di nuovi colleghi.”

A rompere la narrazione di questa realtà perversa perché svestita da ogni ipocrisia ci sono le pagine che Marie dedica a sua figlia che ha avuto giovanissima. Sono momenti in cui si respira, prima di tornare ad ansimare.

Ma sono anche la rivelazione di uno stato di violenza di cui tutti siamo colpevoli.I sensi di colpa che la protagonista vive fino a torturarsi fisicamente, sono il prodotto, forse, di una mancanza culturale, taciuta e negata che cola da ogni parte della vita sociale, dalla famiglia al matrimonio, dalla maternità al lavoro.Tuttavia quello che ne esce, con le unghie e con i denti, è la volontà di non sentirsi vittima, di trovare un filo sospeso tra la realtà e l’oblio e tenerlo stretto in una presa lacerante che scopre la carne e il sangue senza il bisogno delle lacrime.

Carne Viva, 220 p., ed. BigSur 2015, 16,50€
(ordinalo scrivendo una email a: barricatedicarta@autistici.org – spese di spedizione incluse)

Merritt Tierce, nata e cresciuta in Texas, attualmente vive a Dallas col marito e i figli. Segretaria e addetta alle vendite, prima, si scopre scrittrice dopo aver frequentato un workshop di scrittura creativa a Iowa City. Si laurea nel 2011 e già nel 2013 è nella rosa del “National Book Foundation’s 5 Under 35”. Inoltre è impegnata in prima persona per i diritti delle donne.

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