Ombre Nere sulla CUM Marche

Il caso dell’associazione ‘Comunità Ucraina Marche’

Mentre il conflitto russo-ucraino sta vivendo una grave e preoccupante escalation, il movimento per la pace è tornato a mobilitarsi e a riempire le piazze di tante città. Eppure, diversamente dalle manifestazioni che hanno contraddistinto le proteste contro le guerre nell’ultimo quarto di secolo, nei recenti cortei sembra si respiri un clima diverso.

Ad Ancona, per esempio, durante un’iniziativa promossa dall’Università della Pace che ha visto la partecipazione di forze politiche, movimenti, associazioni e singoli cittadini, si sono registrati momenti di tensione, innescati da un intervento dal palco in cui, tra i vari passaggi di condanna dell’invasione militare russa e della sua atrocità , venivano denunciate anche le gravi responsabilità delle autorità ucraine nella guerra che dal 2014 insanguina il Donbass e la pluriennale violazione da parte delle stesse dei protocolli di Minsk, sottoscritti nel 2014 e nel 2015 per fermare il conflitto al confine russo.

Un’analisi tanto semplice quanto condivisibile, anche perché è noto da tempo il ruolo attivo svolto dall’esercito ucraino, sostenuto da milizie di chiaro stampo neofascista e neonazista, nelle violenze perpetrate ai danni dei separatisti filorussi e delle popolazioni civili per la contesa delle province di Donesk e Luhansk.

Parole, però, che sono suonate subito poco gradite alle orecchie di una parte della folta rappresentanza ucraina presente in piazza, tanto che, dopo i primi mugugni e qualche fischio, alcuni di loro hanno tentato di raggiungere il palco con intenzioni poco amichevoli, fermati solo dall’intervento degli organizzatori e di altri manifestanti. 

L’episodio è passato in larga parte sotto traccia nei media locali, ma in realtà episodi simili si sono verificati anche in altre città italiane. A Pisa, nel corso di un presidio pacifista promosso da organizzazioni di sinistra e movimenti si sono vissuti attimi di concitazione quando ad alcune persone di nazionalità ucraina è stato impedito di intervenire per sostenere la richiesta di un intervento armato della Nato.

E’ evidente che tali posizioni, connotate da forti tinte nazionaliste e volte a fare eco ai continui appelli rivolti all’Europa dal presidente ucraino Zelensky per un maggiore coinvolgimento dei Paesi occidentali nel conflitto, sono piuttosto diffuse tra le comunità ucraine presenti in Italia. Ciò contrasta con il movimento contro la guerra italiano che, pur nella sua vasta eterogeneità, per cultura e tradizione ha sempre condannato gli armamenti in toto senza cedere a ideologismi e partigianerie. 

Eppure, a ben guardare, questo strano fenomeno non dovrebbe sorprendere più di tanto, visto l’ambiguo attivismo che ormai da tempo caratterizza le iniziative di molte associazioni di ucraini in Italia. E il caso dell’associazione Comunità Ucraina Marche non sembra fare eccezione. 

Nata nel solco degli eventi che tra la fine del 2013 e il 2014 hanno preso avvio con le violente manifestazioni pro-europeiste dell’Euromaidan che portarono al rovesciamento del presidente Janukovyc, e culminate prima con la strage di Odessa del 2 maggio 2014, consumata dai paramilitari neonazisti di Pravyj Sektor, e poi con lo scoppio della guerra nel Donbass, la Cum ha dato prova di un significativo attivismo a sostegno delle frange più estreme del nazionalismo ucraino, con iniziative che, in più occasioni, hanno mostrato una certa vicinanza ad ambienti neofascisti e neonazisti ucraini. Proviamo a vederne alcune.

La prima è quella che si svolge nel 2014. Si tratta di una manifestazione a sostegno di Nadezhda Savchenko, ex militare e poi deputata del partito Unione Pan-Ucraina “Patria”, nota anche a livello internazionale per la sua collaborazione con il Battaglione Ajdar durante le operazioni anti-separatiste in Donbass. Arrestata dalle milizie filorusse con l’accusa di aver partecipato all’uccisione di due giornalisti russi e trasferita a Mosca per essere processata, venne condannata a 22 anni per omicidio volontario e poi rilasciata a seguito di un accordo diplomatico sullo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina. Tra le “prodezze” della Savchenko figura anche l’accusa di aver preparato nel 2018 un attacco dinamitardo con mortai e bombe a mano contro il Parlamento ucraino.

Sempre del 2014 il 23 Novembre, organizzato dalla Cum, ad Ancona si tiene il dibattito “L’Ucraina siamo noi a un anno dal Maidan”.

L’incontro si svolge nella sede cittadina della Cisl, dove Cum ha la propria sede. Tra gli ospiti spicca la presenza di Mauro Voerzio, che nell’estate del 2015, mentre in Donbass infuriava la guerra civile, aveva lanciato il “Progetto JEEP“, una raccolta fondi per donare un fuoristrada carico di rifornimenti da inviare al Battaglione neonazista S14 impiegato nel conflitto. Quella di Voerzio è una figura sicuramente meritevole di attenzione. Fotoreporter di guerra e responsabile di StopFake in Italia, organizzazione, a quanto è dato sapere, divenuta partner di Facebook per il fact-checking, Voerzio è attivissimo anche oggi nel dare sostegno mediatico alla causa di Zelensky e sembrerebbe non aver mai nascosto le proprie simpatie per l’estrema destra ucraina, e in particolare per gli ultranazionalisti di Svoboda, tanto da condividere nei suoi canali social i manifesti elettorali di un candidato di questo partito con un passato da militante proprio nel Battaglione S14.

(Mauro Voerzio ricondivide Svoboda (a sinistra), i veterani collaborazionisti (in basso), SvaStone (a destra) e Battaglione Azov in alto a destra).

Tra i suoi post non mancano poi diverse foto di militanti di “Corpo Nazionale”, organizzazione politica vicina ai famigerati neonazisti del Battaglione Azov, accusati di crimini di guerra e tortura dal report Osce del 2016. Di certo non una figura imparziale, la cui presenza a un’iniziativa di questo tipo solleva più di un dubbio sugli scopi del convegno promosso da Cum, rivolto forse più a propagandare il nuovo corso politico ucraino avviato nel 2014 che non a spiegare la complessità dei fatti che lo hanno accompagnato.

Altre dubbie iniziative sono quelle organizzate a favore Vitaly Markiv, l’italo-ucraino accusato di aver compartecipato all’uccisione del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e dell’attivista russo per i diritti umani Andrej Mironov, avvenuta il 24 maggio del 2014 nei pressi di Sloviansk, mentre i due, insieme al fotografo francese William Rougelon (rimasto ferito) e altre due persone, stavano documentando le sofferenze della popolazione a causa della guerra nel Donbass.

(nella foto l’iniziativa del 30/08/2020)

Nato a Khorostkiv, Markiv si trasferisce in Italia nel 2005 con la sorella e diventa cittadino italiano.Tornato in Ucraina alla fine del 2013 per prendere parte alle manifestazioni dell’Euromaidan, nel 2014 si arruola nella Guardia Nazionale e diviene vicecomandante di plotone del Battaglione generale Serhiy Kulchytsky. Per la morte di Rocchelli, nel 2017, durante un suo rientro in Italia, viene arrestato a Bologna e condannato in primo grado a 24 anni dal Tribunale di Pavia nel 2019. Secondo l’accusa sarebbe stato lui, nel 2014, a dirigere i fatali colpi di mortaio esplosi contro la piccola delegazione internazionale di fotogiornalisti da una collina sovrastante. La dinamica sulle responsabilità, in verità, non è stata mai chiarita definitivamente, considerato che Sloviansk, al tempo, era teatro di duri scontri armati tra opposte fazioni che vedevano impegnate anche le forze separatiste filo russe. Markiv sarà comunque prosciolto in appello il 3 novembre del 2020 e definitivamente assolto dalla Corte Suprema di Cassazione lo scorso 9 dicembre, nel fibrillante clima prebellico che già si stava respirando, poiché nonostante sia accertato che quel giorno fosse sul posto, non è stato possibile stabilire con precisione se fosse di turno nella fascia oraria della morte di Rocchelli e Mironov. Restano tuttavia motivo di riflessione le considerazione del presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Giuseppe Giulietti: “In questo processo si è vista un’ingerenza di uno Stato estero così spudorata come non si era mai visto, ma la giustizia non c’entra con la geopolitica […] Non voglio credere che siccome l’Ucraina è un Paese amico, allora una vicenda come questa debba essere destinata al silenzio, sarebbe indegno, ricorderebbe un altro caso, quello di Regeni con l’Egitto. Ma è un dato di fatto che l’Ucraina abbia insultato i magistrati, la famiglia e i giornalisti italiani, e che non ci sia stata alcuna reazione”.

La personale vicenda di Markiv, tra l’altro, è caratterizzata da ulteriori e non meno inquietanti aspetti.

Oltre alla frequentazione di locali nazisti carpita dalle intercettazioni ambientali, tra le sue gesta ci sarebbe anche un fallito piano di evasione durante la sua detenzione nel carcere di Pavia, costatogli subito il trasferimento in quello di Opera, mentre nel suo cellulare sarebbero state rinvenute foto riguardanti prigionieri incappucciati e con catene al collo, chiusi nel portabagagli di un’auto e gettati in quelle che sembrerebbero fosse comuni, bandiere naziste e saluti romani.

(sopra e prima le foto trovate nel cellulare di Markiv)

Un’ultima controversa manifestazione che merita di essere ricordata è quella svoltasi del 2016 con la proiezione del docu-film “Ilovaisk”.

La sede, ancora una volta, è quella della Cisl di Ancona. A far rabbrividire è il poster che pubblicizza l’iniziativa, dove è posto in bella evidenza il logo nero del battaglione Dniepr-1, finanziato (come il battaglione Azov) dall’oligarca isreaelo-ucraino Igor Kolomoisky, ex governatore nella regione di Dnipropetrosvk e grande sostenitore del presidente Zelensky. Il film ha per oggetto proprio la vicenda del “Dnipro-1” che nella battaglia di Ilovaisk combattuta il 7 agosto del 2014 contro le forze filo-russe perse 16 suoi membri, di cui il film, attraverso i ricordi di genitori, mogli,  figli e amici, ricostruisce le storie. Insomma, un vero e proprio prodotto di stampo propagandistico e nazionalista (se non peggio) fatto circolare abbondantemente in tutta Italia nel circuito delle associazioni ucraine.

Ovviamente la carrellata di eventi descritti non intende criminalizzate tout court le iniziative di aiuto a chi è sotto le bombe tanto meno testimoniare il minimo sostegno all’operazione scatenata da Putin, di cui, fin dalle manifestazioni del G8 di Genova del 2001 a differenza dell’intero arco politico, siamo stati sempre strenui oppositori.


Tuttavia ci sono ombre, ombre nere per la precisione, che permangono e che non possono essere sottovalutate.

(la bandiera nazionalista ucraina nero rossa più volte esposta dal CUM).

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