Ancona – Porto assediato e bloccato per ore, in migliaia per la Palestina
Una grande azione di insubordinazione di massa nella straordinaria giornata di sciopero generale per Gaza e con la resistenza palestinese
Siamo a scrivere all’indomani di lunedì 22 settembre con ancora negli occhi le immagini vivide della folla sterminata unita in un immaginario abbraccio collettivo con il popolo palestinese, che cinge d’assedio il porto riversandosi sui binari, la banchina Nazario Sauro, i parapetti di via Marconi.
Dopo il tramonto di una lunghissima e densa giornata di mobilitazione popolare che non trova precedenti diretti pur procedendo a lungo a ritroso nella storia di questo strano paese che riesce ancora a sorprendere, e ci fa dimentichi, anche solo per qualche giro di orologio, delle sue miserie e sofferenze.
Una giornata che fin dal mattino è stata la prima esperienza di uno sciopero che si generalizza e nell’attivazione spontanea di massa investe settori, ambiti, categorie, quartieri. Se guardiamo solo alla nostra regione, le assemblee in piazza a Fano e Senigallia, nelle scuole e nell’università di Ancona, il corteo studentesco di Fermo, la contestazione al rettore nell’ateneo maceratese.



Dal mattino fino al pomeriggio, dove l’appuntamento per unirsi alle centinaia di migliaia che stanno interrompendo i flussi e sconvolgendo la logistica in tutta Italia, per “bloccare tutto” anche nelle Marche, è alle 17.30 alla Mole Vanvitelliana.
Per completare la lista dei porti chiusi, pressochè la totalità da Nord a Sud, dal Tirreno all’Adriatico, è lo scalo dorico che manca all’appello: la voglia di rispondere è così forte che tante persone affluiscono al concentramento già attorno alle 16.30 e solo per le necessità operative di disporre il camion dell’amplificazione e iniziare a curare l’allestimento, di fatto l’accesso al varco Di Chio è già ostruito dal primo nutrito gruppo di manifestanti.
Negli stessi minuti è in corso di svolgimento un corteo molto partecipato che da Marina Dorica percorre via Mattei nell’area del porto turistico. La viabilità inizia ad intasarsi nell’intera città, in ragione dell’afflusso di partecipanti da ogni territorio della regione e del primo impatto sulla circolazione determinato dal blocco dell’accesso all’area portuale causato dai primi movimenti dei manifestanti radunati davanti alla Mole Vanvitelliana.



L’arrivo dei manifestanti è sempre più intenso e costante, lo spazio è saturo. Si inizia a procedere lentamente verso l’intersezione con via Marconi ancora prima dell’orario previsto: il porto oramai è chiuso completamente. Giungono notizie delle conferme ufficiali da parte dell’Autorità Portuale: nessuna operatività ai moli, cinque navi ferme, tre in partenza mentre due traghetti vengono lasciati all’ancora al largo per scelta delle rispettive compagnie.
Sono migliaia le persone che hanno ormai invaso banchina Nazario Sauro fin quasi sotto l’Arco di Traiano, a decine stazionano sul viale, la coda arriva fino al punto del concentramento nelle vicinanze del bar Baccà: gli organizzatori sono costretti ad improvvisare un secondo punto di amplificazione anche qui tanta è la partecipazione.






Fra interventi, musica e cori intonati all’unisono, una partecipazione energica ma composta, autodisciplinata perchè determinata a conquistare l’obiettivo: bloccare il porto, produrre un danno economico, colpire i profitti quando lucrano a sprezzo della vita.
Un blocco che proseguirà per ore, fino alle 21 circa, con tante persone che continueranno ad affluire, anche dalla manifestazione conclusasi alla Zipa, in una composizione multiforme che ha stretto sindacalisti e militanti ad intere famiglie e cittadini comuni nello sdegno; una composizione che attraversa generazioni, nella sensazione che per molti fosse una prima volta.
Una prima volta da fare sana invidia ai dimostranti di lungo corso. Un rullo di vernice bianca verga sull’asfalto “Free Palestine”, tende e stracci compongono una compassionevole scenografia a monito delle complicità nostrane con la barbarie sionista. Un gruppo di ragazzi sale sul traliccio ferroviario e accende fumogeni rossi nel cielo notturno.






Tutto questo, ed è tanto e impossibile da raccontare fino in fondo con parole spuntate, rimarrà nella memoria collettiva delle migliaia che hanno praticato un’azione diretta di massa, che hanno violato insieme una legalità che si fa tiranna, che vogliono tentare di prendere in mano un destino che sembrava già segnato, nel sangue delle vittime e dei caduti in battaglia.
Una data che è già storia, ma una storia che le centinaia di migliaia che hanno abbattuto il muro invisibile di impotenza e frustrazione, dopo quest’inedita prova di insubordinazione e sollevazione popolare, fremono di scrivere, in un’inesplorata stagione di lotta che può nutrirsi della potenza collettiva espressa lunedì 22 settembre 2025.
Contro stato di guerra e genocidio, con gli insubordinati in Occidente e i resistenti in Palestina, per sconfiggere oppressione, colonialismo e apartheid, tracciando nuove traiettorie di liberazione.
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#22S Lo sciopero generale e la mobilitazione studentesca nelle Marche


















