#22S Lo sciopero generale e la mobilitazione studentesca nelle Marche
Una spontanea astensione in massa dal lavoro, disagi e soppressioni nel trasporto pubblico. Scuola e università: il corteo a Fermo e la contestazione al rettore a Macerata, le assemblee di Ancona, Senigallia e Fano
Nei giorni e nelle ore precedenti, durante il fine settimana, i segnali si infittiscono, facendosi sempre più insistenti. Segnali di un sommovimento che attraversa trasversalmente il tessuto sociale dell’intera regione, lo stesso che si rivelerà l’indomani in tutta Italia con un’inattesa forza prorompente.
In particolare nel mondo della formazione l’attivazione è diffusa, il personale docente e amministrativo si è mosso in prima persona, mettendosi in contatto con sindacalisti di base e militanti per avere le indicazioni necessarie ad assicurarsi della corretta comunicazione della convocazione dello sciopero in ogni istituto. Uno sforzo reso necessario dalle pressioni volte a ostacolare la mobilitazione e disinformare sul diritto all’astensione dal lavoro, tentativi ostruzionistici da parte della cgil, caduti alla fine nel vuoto.






All’appello della prima ora in tante aule sono molti i nomi che risuonano a vuoto, tantissime studentesse e studenti hanno deciso spontaneamente di disertare le lezioni anche dove non erano previste iniziative. Oltre a questo dato si aggiunge l’alto livello di astensione nel settore del trasporto pubblico, gravato da ritardi e soppressioni di autobus del servizio urbano fin dalla prima mattinata. Pesanti disagi che si registreranno fino a tarda sera, investendo con particolare intensità anche il ramo ferroviario.
Il protagonismo studentesco ha trovato espressione in forme diverse: una grande partecipazione nelle assemblee convocate in piazza come a Fano e Senigallia. Assemblee animate da docenti, personale educativo e amministrativo insieme agli studenti ma anche alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno deciso di aderire allo sciopero. Oltre agli ambiti tradizionali del settore del lavoro subordinato, anche nel lavoro autonomo si sono individuate originali modalità di adesione e partecipazione: decine e decine di comunicazioni di esercizi commerciali, dalle librerie alle palestre, che hanno comunicato e rivendicato pubblicamente la chiusura delle proprie attività.





Una movimentazione popolare che ha fatto propria l’occasione dello sciopero, se l’è presa, ne ha dato forma per esprimere uno sdegno non più sopportabile, per opporsi, per rendere concreta la solidarietà verso il popolo palestinese. Una partecipata assemblea si è svolta anche presso l’atrio di palazzo Villarey, sede della Facoltà di Economia e Commercio di Univpm.
A Fermo una grande manifestazione organizzata dal Collettivo Studentesco Argali ha attraversato le vie principali della città, dal Terminal bus “Mario Dondero” fino a Piazzale Azzolino. “Sappiamo che non saranno le istituzioni a darci spazi e voce, perciò con consapevolezza e determinazione ci siamo presi la piazza e abbiamo espresso il nostro dissenso.” Questo il messaggio lanciato con la determinazione e lo sguardo già rivolto ad Ancona, all’azione diretta di massa del blocco del porto che si svolgerà da lì a poche ore.








Un messaggio risuonato anche a Macerata dove il Collettivo Depangher non ha permesso al rettore Unimc John McCourt di prendere la parola in apertura dell’assemblea organizzata dal Dipartimento di Studi Umanistici. “A poche ore dallo sciopero generale del 22 settembre, i trasformisti si affrettano a indossare la kefiah. Improvvisamente, tutti scoprono Gaza. Anche chi fino a ieri firmava accordi con Tel Aviv. Anche chi settimana scorsa accoglieva la Hebrew University dentro le aule di Giurisprudenza senza dire una parola. Anche UniMc. Sì, proprio UniMc. Quella che mandava i suoi ricercatori in Israele. Quella che, mentre a Gaza piovevano bombe, apriva le porte a un’istituzione coloniale, in silenzio, senza vergogna. Quella che, mentre gli studenti portavano in piazza la bandiera palestinese, mandava la celere.”
“Il rettore tenta più volte di intervenire, interrotto a più riprese da urla di contestazione e oscurato dallo striscione che i militanti del collettivo hanno esposto una volta saliti sul podio del tavolo di presidenza. Oggi studenti e studentesse hanno fatto quello che l’università si rifiuta di fare da anni: dire la verità. Dire che non esiste “neutralità accademica” quando si partecipa a progetti con chi bombarda ospedali. Dire che la solidarietà non si improvvisa e non si annuncia a evento già iniziato. Dire che Gaza non è una cornice per rifarsi il profilo social. L’università ha reagito come al solito: con imbarazzo, nervosismo, istituzionalese fuori tempo massimo. Il palco che volevano trasformare in lavatrice morale è diventato una denuncia pubblica. La verità, come sempre, è semplice: l’ipocrisia dell’università è stata svelata. E nessuna assemblea potrà cancellarla.”
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