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Gaza non si piega. Una testimonianza diretta dalla cucina autogestita di Nuseirat

Intervista con Nibal e Yasser Al-Dahdouh, attivisti comunitari nel campo profughi di Nuseirat, 5 km a nordest di Deir Al-Balah

[Hand to hand to save Gaza‘ – Il crowdfounding per sostenere la cucina autogestita del campo profughi di Nuseirat]

Nelle ultime settimane a Gaza lo stato occupante di Israele ha raggiunto la fase finale della strategia di “weaponization of hunger”: ovvero fare della malnutrizione, della carestia, dell’inedia e della fame un’arma di guerra. Nella Striscia, in realtà, questa si accompagna al suo estremo opposto, ancora più subdolo e crudele: trasformare un sistema di distribuzione di aiuti umanitari in un mattatoio umano, “human abattoir, slaughterhouse” come lo ha definito l’ex portavoce Unrwa Chris Gunness.

Dal 27 maggio, data di inizio del programma israelo-statunitense della famigerata Gaza Humanitarian Foundation, sono più di 1300 i decessi confermati – secondo dati delle Nazioni Unite – ai centri di distribuzione installati a seguito dell’estromissione dell’Agenzia per i Rifugiati Palestinesi.

Centri di distribuzione diventati l’unica opzione di sopravvivenza, dopo il blocco pressoché totale dei convogli di rifornimento umanitario, con quei pochi in ingresso ostacolati dai coloni ebraici da un lato e assaltati dai predoni al soldo di Israele dall’altro lato dei valichi di confine.

“Humanitarian camouflage”, trappole di morte sotto mascheramento filantropico, l’ultima delle “tattiche del genocidio” implementate dalle Israel Defence Forces: dopo aver raso al suolo le strutture accademiche, civili, culturali e religiose, aver costretto al minimo dell’operatività i residui presidi sanitari rimasti, aver eseguito sistematiche esecuzioni mirate di medici, soccorritori, giornalisti – oltre a minori e adolescenti di genere prevalentemente maschile.

E’ della scorsa notte la notizia che ha scosso l’intera comunità palestinese e quella solidale globale, sempre più ampia, che a lei si stringe: il bombardamento della tenda stampa all’ospedale di Al Shifa, l’assassinio dei freelance Moamen Aliwa (23) e Mohammad al-Khaldi (39), degli operatori Ibrahim Zaher (25) e Mohammed Noufal (29) e dei corrispondenti Mohammed Qreiqeh (33) e Anas al-Sharif (28), tutti membri dello staff di Al Jazeera. Dall’ottobre 2023 sono 270 gli operatori dell’informazione assassinati a Gaza, il numero più alto mai registrato.

Anas al-Sharif era il volto più noto fra gli inviati sul campo ancora presenti nella Striscia, un volto ormai diventato simbolo collettivo del coraggio, della dignità e della libertà irrinunciabile del popolo palestinese.

Anas al-Sharif è stato anche l’ultimo testimone dal Nord di Gaza, e il suo barbaro omicidio giunge alla vigilia dell’ennesima operazione militare annunciata a fini propagandistici dal criminale di guerra Netanyahu, di fronte al manifesto fallimento di ogni obiettivo strategico, politico e militare.

“Occupazione totale” quando stando alla stessa macchina di disinformazione sionista l’80% del territorio sarebbe già da ora sotto controllo. La realtà sul campo è ben diversa, come dimostrano i profondi dissensi interni ai vertici dell’esercito: l’Israeli Defense Ministry’s Rehabilitation Department ha dichiarato che quasi 80mila soldati sono stati sottoposti a trattamenti da ottobre 2023, 26mila per condizioni relative alla salute mentale – con un tasso di suicidi in costante aumento; secondo stime circolanti sulla stampa israeliana, circa 20mila sarebbero i feriti e almeno un migliaio i morti secondo fonti ufficiali Idf.

Come scrivono le fazioni della resistenza palestinese in un comunicato congiunto: “La minaccia di un’occupazione militare totale di Gaza è una dichiarazione di intenti genocidiari e un tentativo disperato di sottomettere il nostro popolo e la sua resistenza. Queste intenzioni non passeranno senza un prezzo elevato, e sarà il campo di battaglia a decidere, come è sempre stato.”


I video inviateci da Nibal e Yasser

– L’intervista a Nibal e Yasser Al-Dahdouh, attivisti comunitari

Ciao, e grazie mille per aver parlato con noi oggi. Apprezziamo davvero molto che abbiate trovato il tempo di raccontarci cosa sta succedendo. Vogliamo condividere le vostre parole con le persone in Italia, così che possano capire meglio la situazione. Anche se a volte le notizie raccontano un’altra storia, sappiamo che la forza e la resistenza del popolo palestinese sono ancora molto vive. Prima di parlare della situazione in sé, volete dirci qualcosa di voi, per presentarvi?

N: Prima di tutto, siamo molto felici di questo incontro, grazie al quale potremo portare la verità. Sono la signora Nibal. Vivo nella Striscia di Gaza. Prima della guerra vivevo nella città di Gaza e, dall’inizio della guerra, nella regione centrale. Ho un master in matematica. Sono la moglie dell’ingegnere Yasser. Lui è un attivista comunitario.
Y: Sono l’ingegnere Yasser, un attivista comunitario. Prima della guerra vivevo a Gaza e ora vivo nel campo di Nuseirat. Ho fondato una squadra di volontari per aiutare le persone alla luce delle difficili circostanze che i residenti della Striscia di Gaza stanno vivendo: sfollamento, carestia, lutto e sfinimento. Ho creato una cucina a febbraio 2024, e abbiamo iniziato ad aiutare i poveri, i bisognosi e gli sfollati preparando e distribuendo cibo. Distribuiamo anche acqua potabile. Forniamo anche alcuni medicinali, vista la difficoltà di reperirli. Facciamo molte altre opere di volontariato. Restiamo fianco a fianco, mano nella mano, per aiutare le persone qui. Ma ora le cose sono diventate difficili perché non possiamo continuare per mancanza di risorse e materiali. Non c’è abbastanza sostegno per proseguire il nostro lavoro di volontariato. Lavoriamo giorno e notte, contattando tutti i nostri amici per sostenerci nel fornire e preparare il cibo.

Com’è la situazione a Gaza in questi giorni?

Y&N: La vita qui a Gaza è molto difficile. Non c’è cibo, non c’è acqua, non ci sono medicine, né latte per neonati. Le malattie si stanno diffondendo a causa della mancanza di prodotti per l’igiene personale. La vita quotidiana è difficile e simile per la maggior parte delle persone. Gli sfollati vivono in tende sotto un caldo estremo.

Qual è la situazione della cucina che state gestendo? Avete avuto problemi a distribuire il cibo? E quanto è difficile trovare gli ingredienti e le forniture di cui avete bisogno?

Y&N: La situazione della cucina è difficile in questo momento. All’inizio della guerra ricevevamo supporto dalla World Central Kitchen, una organizzazione non governativa statunitense, fino a febbraio 2025. Poi, a partire da marzo, le scorte alimentari hanno iniziato a esaurirsi e la carestia ha cominciato a colpire la popolazione di Gaza e le famiglie sfollate. Abbiamo iniziato a lavorare autonomamente, raccogliendo donazioni per preparare cibo alle famiglie sfollate. Ora stiamo affrontando difficoltà nel reperire le scorte alimentari (ingredienti per cucinare) perché non abbiamo nulla da comprare per preparare il cibo. Anche quando le abbiamo, i prezzi sono molto alti.

Negli ultimi giorni, l’Italia, insieme ad altri Paesi, ha iniziato a lanciare cibo dagli aerei. Ma allo stesso tempo, come sapete, molti camion con cibo e medicine sono bloccati al confine, perché Israele non ne permette l’ingresso. Invece, il cibo viene lanciato con i paracadute, e questo chiaramente trasforma la situazione in una sorta di spettacolo, mentre il genocidio a Gaza continua. Noi crediamo che sarebbe sufficiente far entrare i camion. Cosa ne pensate?

Y&N: Vediamo immagini sui social media e sui canali satellitari. Speravamo che questi camion entrassero, ma ora crediamo che sia una questione politica. Recentemente, circa una settimana fa, sono entrati alcuni camion egiziani con scorte alimentari, ma sono molto pochi, soprattutto considerando che la popolazione della Striscia di Gaza è di 2,2 milioni di persone.
Per quanto riguarda gli aerei, ciascun aereo lancia circa venti pacchi del peso non superiore a una tonnellata. È davvero poco. Ci sono stati casi di persone morte perché i carichi sono caduti sulla loro testa. La situazione è pericolosa. Non c’è una distribuzione organizzata come quella che fa l’UNRWA, e il bisogno della gente è molto maggiore.

Abbiamo anche visto video terribili su quello che avviene durante la distribuzione del cibo. Potete dirci cosa accade di solito durante la distribuzione?

Y&N: È straziante. A volte la quantità di cibo è talmente misera che, in mezzo alla fame, quando tutti cercano disperatamente di prenderne un po’, le persone delle famiglie sfollate si accalcano. C’è chi cade e viene ferito, e il cibo finisce per terra.

Netanyahu ha annunciato il suo piano di occupare Gaza, ma noi crediamo che la resistenza palestinese non permetterà che questo accada. Dovete anche sapere che in Italia, e in molti altri Paesi europei, le persone stanno protestando contro Israele e contro le aziende e le fabbriche che lo sostengono. Le campagne di boicottaggio stanno crescendo ogni giorno. A luglio, infatti, abbiamo partecipato a una protesta contro un’azienda italiana che produce droni e sistemi radar venduti a Israele. Vogliamo dirvelo perché è importante che sappiate che non siete soli.
Prima di concludere, c’è qualcosa che vorreste che le persone fuori da Gaza sapessero o capissero meglio sulla vostra vita e sulla vostra comunità?

Y&N: La Striscia di Gaza copre un’area di 36 km², una piccola area con una popolazione di 2,2 milioni di persone. È un Paese piccolo ma bello, che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Il tasso di alfabetizzazione è molto alto. Ci sono università, ospedali, medici esperti, ingegneri e insegnanti. Ci sono ristoranti, caffè, chalet, hotel e molte altre cose belle. C’è speranza e ambizione. Tuttavia, l’occupazione ha distrutto ogni speranza per le generazioni future. (Gli intervistati declinano al presente una descrizione della Striscia di Gaza prima dell’immane devastazione e del genocidio per mano dello stato illegittimo di Israele N.d.r.)

Grazie mille per aver parlato con noi oggi e per aver condiviso la vostra storia. Ammiriamo molto quello che fate a Gaza per la vostra comunità. Faremo del nostro meglio per condividere la vostra storia e sostenere la causa palestinese qui in Italia e in Europa. E sempre, Palestina libera.

– Le immagini inviateci da Nibal e Yasser, Campo profughi di Nuseirat, agosto 2025

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