Preavviso di rigetto alla Edison: la variabile imprevista dell’opposizione sociale
Una riflessione dello spazio comune TNT dopo il preavviso di rigetto dell’impianto deliberato dalla conferenza dei servizi
Lo sappiamo bene, non finirà qui. Gli appetiti del grande capitale estrattivista sul nostro territorio sono forti, voraci: dove intravedono possibilità di lauti guadagni, il morso stringe, non vuole mollare.
Ciononostante il preavviso di rigetto recapitato a Edison dalla Conferenza dei Servizi rappresenta un passaggio di profonda rilevanza perchè al di là delle implicazioni tecnico-amministrative, dimostra che quel pezzo di mondo in cui viviamo può essere realmente presidiato, difeso, sottratto ai pionieri in giacca e cravatta di una corsa all’oro moderna nelle forme eppure così antica nel suo intento di conquista e di travolgimento di diritti, persone, ambiente, forme di vita.
Ogni giorno siamo sottoposti ad una propaganda martellante che ci vorrebbe convincere della nostra impotenza, del fatto che il nostro destino, individuale e collettivo, è oramai inevitabilmente appannaggio dei poteri forti. Ma quando non cediamo alla rassegnazione, quando decidiamo di reagire, di lottare anziché subire, scopriamo che la realtà è ben diversa, che l’unione in una battaglia comune è in grado di esprimere una sorprendente potenza: l’esperienza concreta e materiale finisce sempre con il confermarci che i movimenti sono in grado di cambiare l’ordine delle cose e che nei movimenti risiede la nostra forza di emancipazione e di trasformazione.
La battuta di arresto inferta al progetto Edison non sarebbe mai stata possibile in assenza di una reale soggettivazione sociale, ovvero di tutte quelle iniziative di mobilitazione, di lotta e di contro-informazione, che con continuità nel corso dell’ultimo anno siamo riusciti a sviluppare come Assemblea Permanente “Stop Edison”, l’unica forma di auto-organizzazione sociale che si è prodotta contro i progetti della multinazionale.
Chiunque pensi che sia possibile fermare progetti come quelli di Edison senza il ruolo determinante di una vera movimentazione sociale, delegando tutto ai cosiddetti “decisori politici”, vive in un mondo immaginario dove ogni narrazione diventa possibile proprio perchè è dissociata dalla realtà, dove la crisi profonda delle istituzioni nell’epoca del genocidio, della guerra, del riarmo, può essere obliterata come se non riguardasse pure noi, la nostra quotidianità e le nostre prospettive di cambiamento.
Invece, è proprio dentro la crisi generale che stiamo attraversando, all’interno di questo strano mondo in cui la transizione ecologica si traduce nel suo esatto contrario fornendo enormi occasioni di sfruttamento e di profitto agli stessi soggetti che hanno prodotto la devastazione ambientale in cui viviamo, diventa di vitale importanza rilanciare i movimenti come reale volano di cambiamento, ricostruire il legame sociale che li rende possibili, individuare gli interessi collettivi che ne possono costituire il fondamento.
Tutto ciò implica anche la disponibilità alla ricerca, all’impegno, all’inchiesta sociale, all’azzardo della sperimentazione perchè viviamo in un mondo complesso, profondamente trasformato anche nelle sue culture più profonde, il che implica che anche la ricomposizione sociale sia un processo complesso.
I movimenti reali sono ruvidi perchè nascono dalle contraddizioni della realtà materiale, rompono inevitabilmente i perbenismi tradizionalisti o alternativi che siano, gli schemi già dati con indicate le caselle che devi occupare. Mettono a nudo i falsi alibi di chi sceglie di non esserci, di non esporsi perchè tanto ci penserà qualcun altro, di restare in casa perchè gli amici degli amici non pensino male…
Ma prima di ogni altra cosa i movimenti si affermano come spazio di autonomia, come luogo di auto-organizzazione sociale che risponde solo a se stesso, a prescindere dalle appartenenze dei singoli: la caratteristica, forse, più difficile da comprendere da parte di chi è abituato a riconoscere solo ciò che controlla e che si rende conforme.
I mesi che abbiamo alle spalle sono stati particolarmente impegnativi e, con ogni probabilità, lo saranno anche quelli che abbiamo difronte. Però sono anche mesi che ci hanno dato tanto e che ci hanno permesso di ottenere un risultato per niente scontato. Sono mesi in cui la comunità auto-organizzata nell’Assemblea Permanente ha scritto una storia che ha dato voce e corpo alla variabile imprevista di un’opposizione sociale decisa ad andare fino in fondo: una storia che, al di là delle narrazioni e della corsa alle medaglie che lasciamo con piacere a chi ne ha bisogno, è scritta nei fatti, nel tessuto vivo della città.
Sono mesi che, in ogni caso, segnano un punto di non ritorno. E questo non perchè pensiamo che la battaglia contro il progetto Edison sia conclusa, tutt’altro; il vero punto di non ritorno è in quel senso di libertà, di condivisione, di profonda convinzione di poter vincere, di rottura della cappa claustrofobica di un ceto politico tutto piegato su se stesso e sul proprio operato, che solo i movimenti riescono a darti: un segno indelebile che non è un semplice ricordo, ma la base di partenza ancora più avanzata, un trampolino un po’ più alto per rilanciare la battaglia.
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