
Un appello all’azione verso e oltre il 25 aprile
IntelligenzeAntifasciste
Non viviamo nel peggiore dei mondi possibili e d’altra parte non è mai esistita una fantomatica età dell’oro. Questo approccio alla storia e alla realtà è l’origine di ogni pensiero conservatore e reazionario, buono solo per la propaganda politica. Il rendere di nuovo grande l’America sta lì ad insegnarcelo. Ciò che è sempre esistito, al contrario, sono stati momenti storici dove le lotte ed i conflitti sociali hanno migliorato questo mondo, hanno allargato i diritti, quelli sostanziali, non formali, hanno ridistribuito potere e ricchezza verso chi era sfruttato ed oppressa.
Il nostro presente, a ben vedere, segna, probabilmente, l’inizio di una nuova epoca. Un nuovo inizio che sta portando a maturazione, facendoli esplodere, una serie, lunga e complessa, di processi storici, politici, sociali ed economici iniziati molto tempo fa.
Se il presente che viviamo sta ridefinendo il nostro mondo, dobbiamo essere in grado, necessariamente, di cogliere quelli che sono i tratti epocali di tutto questo.
Cogliere le tendenze determinanti di ciò che stiamo vivendo per poterle affrontare e fronteggiare.
Oggi il potere si mostra per quello che storicamente è sempre stato: esercizio senza nessuna mediazione della forza, monopolio assoluto della violenza, nel linguaggio come nella pratica, “libera” da ogni vincolo giuridico e sociale.
In Italia, come in Europa e nel mondo tutto questo ha uno scopo ben preciso: togliere ogni autonomia e quindi ogni capacità di organizzarsi e di lottare alla società, per tenere la decisione politica semplicemente nelle mani dei governi, eletti o non eletti, che si chiamino Trump, Netanyahu, Putin o Musk, poco importa.
La parola democrazia è di fatto diventata una parola vuota, senza nessun contenuto specifico che sia in grado di definirla. La violenza del potere del nostro presente squarcia in modo netto ogni ambiguità rispetto a che cos’è veramente la democrazia di cui tanto ci si riempie la bocca. Ciò che conta, ciò che è davvero importante è la capacità del capitalismo di continuare a fare profitti, di estrarre valore e di accumulare potere. Se questa “democrazia” permette tutto questo, allora va più che bene.
Il nostro presente è segnato dalla normalizzazione del genocidio e dal ritorno della guerra.
Il ReArm Europe della Von der Leyen, con il beneplacito di tutti i governi, con i suoi 800 miliardi di euro, non rappresenta altro che il tentativo di riarmare i singoli stati europei, all’interno di una martellante propaganda che deve far accettare e rendere una cosa ordinaria, normale, la guerra, l’economia di guerra e la cultura della guerra.
La propaganda di guerra non può accettare critica, dissenso e conflitto sociale, ma vuole uomini e donne obbedienti e asservite, servili e docili.
L’antifascismo, 80 anni fa, come oggi, è anche un sentimento, immediato e diretto, di ribellione e rivolta verso chi, con l’arroganza e la violenza del potere, ormai privo di maschere, vorrebbe imporci un presente di guerra, povertà e nazionalismo.
La storia è sempre inattuale, ma sempre contemporanea, perché siamo noi che interroghiamo il passato per comprenderlo. Interrogare il nostro passato, la nostra storia, quella di Resistenza e Liberazione in armi, oggi, significa, rifiutare la guerra, sostenere chi resiste al genocidio ed opporsi, con ogni mezzo, alla brutalità e alla violenza del potere, politico ed economico.
Disertare la guerra e combattere per la pace non possono e non devono rimanere degli slogan, ma devono rappresentare un programma politico comune.
Alla loro chiamata alle armi, noi rispondiamo con una chiamata all’azione.
Un corteo in grado di far vivere nel nostro presente parole e pratiche come Resistenza, Liberazione e Antifascismo e di rispondere colpo su colpo alla violenza del potere.